Come la ’ndrangheta ha spolpato le cave di porfido in Trentino - Il Post

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per omissione di soccorso e omessa denuncia per non aver segnalato all’autorità giudiziaria i responsabili del pestaggio, con l’aggravante di aver agevolato l’attività criminale della ’ndrangheta.

Secondo l’accusa il capo della “locale” della ’ndrangheta, come viene chiamata la cosca trentina, è Innocenzio Macheda. Originario di Cardeto, uno dei primi paesi calabresi nell’Aspromonte, Macheda arrivò in Trentino nel 1987 e avrebbe rapporti con la cosca Serraino. Antonio Serraino, detto Nino, a capo dell’omonima cosca egemone a Cardeto, venne intercettato in auto mentre andava in vacanza a Merano. «Lì [in Trentino] c’è mezza Cardeto», disse.

Nel 1989 aprirono una piccola ditta artigiana, la Battaglia Giuseppe & C. s.n.c., nel 1992 una di autotrasporti. Tra il 1998 e il 2000 comprarono una delle cave più grandi e importanti della zona, la cava Camparta. La pagarono 12 miliardi di lire anche se ne valeva 6, e la provenienza di quei soldi venne scoperta in un’intercettazione in cui Pietro Battaglia raccontava dell’acquisizione.

Tra la fine degli anni Ottanta e la metà degli anni Duemila nel settore del porfido successero tante cose. Si iniziarono a vedere gli effetti dell’enorme conflitto di interessi tra amministratori e concessionari, evidente anche oggi. Le cave sono pubbliche, vengono date in concessione ai cavatori che pagano canoni di locazione ai comuni. Ma in quasi tutte le amministrazioni della valle i cavatori sono anche sindaci, assessori o consiglieri comunali.

Fu l’anno di una durissima vertenza chiamata delle “trancette”, il macchinario utilizzato per ricavare cubetti di porfido dalle lastre più grandi. Nelle trancette un grande maglio cadeva continuamente sulla lastra di porfido e la batteva contro una superficie tagliente. I lavoratori dovevano spostare la pietra a mano.

L’organizzazione del lavoro si basa sul cottimo individuale: oltre i 28 quintali di porfido prodotto si viene pagati a cottimo, cioè in base ai risultati ottenuti. Un operaio può arrivare a lavorarne 100 quintali in un giorno, ma molto dipende dalla qualità del materiale che riceve dall’imprenditore. Con questo sistema si assicurarono i guadagni per i lavoratori, tenendoli a bada.

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