Passavano i minuti e Aaron continuava a camminare avanti e indietro per l’appartamento, preso dalla chiamata. Rivolto a Jim, ha indicato il telefono alzando gli occhi al... Leggi
Aaron stava finendo una telefonata di lavoro mentre Jim, il suo compagno, lo aspettava a tavola per la cena. “È una questione di un paio di minuti”, ha sussurrato Aaron, tappando il telefono con la mano. “Non c’è problema”, ha risposto Jim, sussurrando a sua volta.
Alla fine, Aaron si è voltato e, sorpreso, ha visto Jim che fissava sconsolato nel vuoto. Sottovoce, ha spiegato al collega al telefono che lo aspettavano a cena. Era passata mezz’ora. In questi casi, il comportamento ostile o ostruzionistico è messo in atto e contemporaneamente sconfessato, così che l’autore possa assicurare che assolutamente non intendeva provocare nessuna irritazione, lasciando negli altri la sensazione che forse il problema è loro. Sorprendentemente, l’aggressività passiva può essere adottata sia dai dirigenti sia dai subordinati.
Dopo un breve periodo in cui sbriga il suo lavoro con celerità ed efficienza esagerate, improvvisamente Bartleby risponde alla richiesta dell’avvocato di esaminare un documento con la frase: “Preferirei di no” e incrocia le braccia, ma si rifiuta di lasciare l’ufficio, dove trascorre giorno e notte. In qualche modo, ritirandosi ostinatamente nel silenzio e nell’immobilismo, Bartleby riesce a mandare in rovina lo studio.
Nelle relazioni intime è un po’ più facile. Con il passare degli anni coppie, famiglie e amici imparano a riconoscere i codici e gli stratagemmi, e così riescono a smascherarli. Un silenzio o una pausa, un sorriso forzato o un “grazie” stiracchiato possono sembrare innocui o irrilevanti agli occhi di un esterno, ma sono carichi di significati.
Passivo-aggressivo è uno di quei termini psicologici che, come “narcisista”, “paranoico” o “bipolare”, l’uso popolare ha gradualmente svuotato del suo significato esatto. Il suo impiego nella psichiatria moderna non ha contribuito a migliorare la situazione.Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), la bibbia della pratica psichiatrica moderna, l’idea dell’aggressività passiva come un disturbo della personalità è dibattuta.
A quel punto ha fatto una pausa. Il suo tono, fino a quel momento esitante e difensivo, è diventato improvvisamente molto aspro: “Però non si lamenta dei soldi che porto a casa con questi contratti. Non potremmo permetterci l’appartamento dove stiamo se io facessi il suo lavoro e passassi le serate come lui suonando il sax nei localini jazz!”.
Perché, per Aaron, il fatto di riconoscere una vena di rabbia e risentimento che pulsava sotto la superficie del suo rapporto con Jim era così vergognoso? In passato, sua madre gli aveva raccontato con una certa soddisfazione che, quando era bambino, tutte le volte che cominciava a fare i capricci lei usciva dalla stanza per farglieli passare.
L’impulso è più scaltro e flessibile. Se non riesce a trovare una via diretta per la soddisfazione, ne cercherà una indiretta con la quale imporsi senza farsi scoprire. Aaron non riusciva a confessare a Jim il suo risentimento, anzi, era terrorizzato di ammetterlo perfino a se stesso. Così, la sua mente ha escogitato un modo per aggirare il suo intento cosciente ed esprimere la sua rabbia nei confronti di Jim.
Per evitare di considerare l’aggressività passiva un comportamento perpetrato da un carnefice calcolatore su una vittima innocente, vale la pena di osservare il ruolo di Jim quella sera. Mai, durante la famosa telefonata, ha ricordato ad Aaron la sua presenza o gli ha detto che se non avesse chiuso la telefonata avrebbe cominciato a mangiare senza di lui. L’aggressività passiva è quasi sempre un linguaggio condiviso a livello inconscio tra avversari non dichiarati.
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