La corte d’appello riduce la pena agli imputati. Lei dice “abbiamo avuto giustizia, accettiamo la decisione dei giudici”. Se avesse gridato allo scandalo, avre…
La mamma di Willy che, siccome non urla, non esisteLa corte d’appello riduce la pena agli imputati. Lei dice “abbiamo avuto giustizia, accettiamo la decisione dei giudici”. Se avesse gridato allo scandalo, avrebbe avuto intere pagine. Una lezione di civiltà con echi di Beccaria e DostoevskijLe parole della madre di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo ucciso a calci e pugni a Colleferro nel 2020, oggi avrebbero dovuto ricevere ben altra attenzione da parte dei quotidiani.
Se fosse avvenuto il contrario, se la madre di Willy avesse preso una posizione dura contro i giudici, i giornali e le tv avrebbero dato ben altro risalto all’accaduto. Avremmo potuto ammirare titoli “gridati”, letto diversi commenti scandalizzati, avremmo assistito a un’orgia di sdegno. È comprensibile la rabbia dei parenti quando si sentono delusi o colpiti da una sentenza. La loro reazione è umana. Nessuno può giudicarli.
Perché un messaggio di speranza? La signora Monteiro ha sempre dichiarato di non volere vendetta ma giustizia. La speranza è quella che nasce dall’intravvedere una possibilità: la fine di una società fondata sulla vecchia ma oggi tornata di moda idea che valga “l’occhio per occhio, dente per dente”. Una società che, invece di andare avanti, dal punto di vista della cultura del diritto è tornata indietro. La madre di Willy ci ha dato una lezione.
Viene in mente “Delitto e Castigo” di Fedor Dostoevskij. Il protagonista Raskolnikov, autore di un duplice omicidio, passa dal delirio alla confessione, al carcere. Ma il pentimento arriva, mentre è in prigione, grazie alla relazione con Sonja, la giovane donna che lo ama e attraverso cui lo scrittore mette in scena il perdono.
Questa dimensione si è attenuata, forse è sparita. È la dimensione in cui civiltà vuol dire credere nella possibilità che l’essere umano, anche il peggiore, possa cambiare. Oggi invece prevale l’idea che tutto è perduto e se tutto è perduto non resta che infliggere sempre più anni di galera: chiudere la porta e buttare la chiave.
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