Nomine, un nome non vale l'altro: dai vertici di Eni, Enel, Terna, Leonardo, Poste e Fs dipende una fetta consistente del Pnrr.
è fatto di nomi che saltano da una casella all'altra. Come se uno valesse l'altro e come se gli equilibri da raggiungere all'interno della maggioranza di governo fossero l'unico criterio che conta. E' sempre stato così e anche questo giro non si è sottratto alla consueta girandola di indiscrezioni, spesso, inevitabilmente, per sentito dire. Un esercizio di potere, prima ancora che la selezione dei migliori manager a disposizione.
Il problema non è tanto l'esercizio giornalistico, perché qualsiasi toto-nomi sconta un margine di approssimazione ampio, ma il metodo con cui si cerca di arrivare a una soluzione. Si procede per quote, distribuendo le poltrone in base alla forza di un partito o dell'altro, attribuendo peraltro arbitrariamente casacche e appartenenze.
Servono amministratori delegati e presidenti capaci, a maggior ragione oggi. Alle sei grandi partecipate pubbliche,, spetta una parte consistente dell'attuazione del Pnrr. Passano da loro, prima ancora che da una struttura pubblica che continua a scontare un deficit ormai stratificato di competenze e capacità amministrative, la possibilità di utilizzare le risorse europee per modernizzare veramente il Paese.
E' una macchina complicata, in moto faticosamente ormai da mesi. Accelerare o frenare, cambiare definitivamente marcia o accumulare ulteriore ritardo, dipende anche dalla capacità di questi manager di gestire e indirizzare la trasformazione che viene richiesta. L'ora delle decisione per le nomine sta scoccando. E' presumibile che ci siano per le posizioni di vertice di queste sei società alcune conferme, qualche spostamento, e poche new entry. Saranno nomine che rifletteranno i pesi e i contrappesi nella maggioranza, insieme alla capacità della premier Giorgia Meloni di imporre la propria sintesi.
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