Il decreto flussi prevede quasi mezzo milione di immigrati entro il 2025. E distrugge una doppia retorica. È il solito magnifico principio di realtà
prevede quasi 500mila ingressi regolari nel triennio da qui al 2025. Per essere precisi, 136mila quest’anno, 151mila nel ‘24 e 165mila l’anno successivo, il 2025. La notizia non ha avuto il risalto che merita, forse perché suona smentita delle opposte retoriche, come dire i binari su cui viaggia per tradizione il nostro dibattito pubblico.
Il motivo è evidente. Definire gli ingressi regolari e dunque attenersi a una norma equivale a smentire la propaganda di chi, a destra, per anni ha denunciato l’invasione deglicome una piaga biblica, addirittura come l’avvio di una sostituzione etnica, per cui tra pochi decenni non ci saranno più milanesi, romani, fiorentini, napoletani, veneziani come li conosciamo da secoli, ma solo meticci africani o asiatici.
A sinistra non si è da meno. Il tema è sempre stato l’accoglienza per ragioni umanitarie. Quindi frontiere aperte per tutti i disperati o quasi, lasciando molto sullo sfondo il tema dei controlli e delle “quote” annuali da fissare per legge. In questa chiave polemica, la destra è dipinta come tendenzialmente xenofoba e razzista, irrecuperabile alle ragioni della solidarietà. Ecco tuttavia che ora si presenta un caso in cui la realtà costringe tutti al pragmatismo.
A sua volta la sinistra dovrà ammettere che l’immigrazione libera e selvaggia non è ormai accettabile in alcun paese europeo, tanto meno in Italia, il “primo approdo” per eccellenza per tutti coloro che attraversano ilsui barconi gestiti dai moderni negrieri. Il principio di realtà mai come stavolta si afferma a destra non meno che a sinistra. Regolare i flussi significa anche cominciare a distinguere i migranti economici in base alle loro attitudini e competenze .
In alcune parti d’Italia già oggi gli immigrati lavorano in modo regolare e non ciondolano chiedendo la carità davanti ai supermercati. Nel nord-est, in particolare, gli episodi di criminalità sono sporadici rispetto al contributo offerto dai nuovi lavoratori all’industria. Nelle grandi città, a cominciare da Milano, c’è ancora parecchio da fare ma la strada è tracciata.
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