Quel che resta di RanaPlaza a dieci anni dal crollo industriatessile fastfashion dirittiumani [di Chiara Nardinocchi]
Il crollo fu come una miccia. Partendo dal Bangladesh, passando per il Canada fino al Vaticano: migliaia di persone scesero in strada per reclamare giustizia e accendere un faro sullo sfruttamento dei lavoratori che lo stesso Papa Francesco definì “schiavitù moderna”. “Inizialmente - continua Kabir - i marchi non volevano assumersi alcuna responsabilità, ma sono stati costretti dalla grande spinta sociale. Qualcosa quindi è cambiato.
Orari di lavoro lunghi ed estenuanti si sono sommati alla diminuzione dei salari dovuta alla cancellazione degli ordini o dalle trattazioni dei costi da parte dei grandi marchi. Il report “Money Heist” dell’fa un resoconto dettagliato dell’impatto che le politiche dei grandi marchi hanno avuto sulla vita dei singoli lavoratori nei principali paesi di produzione dove, secondo gli studiosi, le multinazionali hanno riversato il rischio d’impresa salvaguardando il loro business.
Spazio e violenza di genere sono inversamente proporzionali. Come i dati sulle violenze domestiche durante il periodo del lockdown dimostrano, al diminuire del primo la seconda aumenta. E in uno dei paesi più densamente popolati al mondo, anche la sicurezza si misura in metri quadri. La violenza fuori e dentro le mura domestiche, già fortemente radicata a livello sociale, è aumentata durante la pandemia di Coronavirus. “Durante il lockdown c’è stato un forte aumento delle violenze domestiche - afferma Farah Kabir, country director di ActionAid Bangladesh - Inoltre molte persone hanno perso il lavoro e sono state costrette a vivere in spazi molto ristretti per diverse settimane.
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